La condizione visiva dell’ipovedente è quella di una persona che, seppure non totalmente cieca, ha subito una tale riduzione della funzione visiva da risentirne pesantemente nella vita quotidiana. Pur conservando una residua acuità visiva, l’ipovedente ha subito un grave ed irreversibile danno funzionale (menomazione), che implica un impedimento (disabilità) a svolgere compiti che richiedono una certa capacità visiva: lettura e scrittura, guida, utilizzo di computer e Tv, ecc.
La disabilità provoca un certo grado di disagio sociale (handicap), che può variare molto da individuo a individuo, secondo l’età, le attitudini, il carattere, il tipo di lavoro. Poiché la funzione visiva è rappresentata in primo luogo dalla acuità visiva e dal campo visivo, vari deficit dell’ipovisione ostacolano e complicano l’attività di orientamento e mobilità.
Per meglio comprendere le difficoltà di un ipovedente è bene ricordare altre importanti funzioni: visione al buio, discernimento dei colori, visione stereoscopica, sensibilità all’abbagliamento. Anche se un ipovedente è in grado di distinguere le forme, la vicinanza o meno di un oggetto, la luce e l’ombra, tutto ciò non gli permettedi riconoscere adeguatamente le informazioni visive: può riconoscere un cartello stradale, ma non riuscire a leggerlo, può non vedere in tempo un ostacolo o restare abbagliato da una luce improvvisa.
La percezione imprecisa e incostante della realtà visiva fa sì che l’ipovedente abbia un rapporto incerto con l’ambiente e che proceda, nelle azioni, per tentativi ed errori. Il ricorso alla riabilitazione visiva, fatta di esercizi e di ausili ottici che permettono di sfruttare al massimo la potenzialità visiva residua, permette di migliorare notevolmente le condizioni dell’ipovedente nei rapporti sociali, nella scuola, nel lavoro, consentendogli una completa integrazione nel mondo sociale.
I pazienti ipovedenti possono appartenere, a seconda dei sintomi della loro minorazione visiva, ad una o più di queste cinque categorie fondamentali.
SCOTOMA CENTRALE
(visione diminuita della macula). L’alterazione funzionale della macula, per lo più dovuta a degenerazione maculare senile, è la prima causa di questo genere di menomazione, frequentemente provocata anche dalla toxoplasmosi, dalle neuriti ottiche e dai focolai di coroidite.
A questo primo gruppo appartiene la maggior parte delle persone con minorazione visiva; non potendo utilizzare la macula, la parte centrale della retina a più alta risoluzione del dettaglio, non riescono a leggere o a vedere dettagli a distanza. In questo caso i pazienti devono imparare a fissare l’occhio al di sopra o al di sotto di un oggetto, in modo che l’immagine cada sopra o sotto lo scotoma centrale, sulla retina sana.
A causa del numero ridotto di coni presenti al di fuori della macula, la visione dell’immagine risulterà ridotta: sarà dunque necessario ingrandirla in misura proporzionale alla sua distanza dalla fovea (centro della macula) malata. L’immagine deve essere situata (tramite fissazione eccentrica) subito fuori dallo scotoma onde evitare ingrandimenti inutili e minimizzare l’angolo di visione eccentrica: più l’immagine è lontana dalla fovea, maggiore sarà l’ingrandimento necessario e, quindi, più corta la distanza di lettura. Infine, dalla natura dello scotoma dipende l’opportunità di fissare sopra, sotto o lateralmente al testo. Per ottenere con successo la visione eccentrica, l’ipovedente da riabilitare deve conoscere bene il proprio campo visivo e comprendere il procedimento per sapere quanti gradi, al di sopra o al di sotto del testo, deve guardare. Il paziente deve quindi imparare contemporaneamente a muovere il testo e a fissare con l’occhio migliore nella posizione più corretta mediante l’aiuto della accomodazione o di lenti ipercorrettive.
AMBLIOPIA
(riduzione della vista senza una evidente lesione organica dell’occhio). Appartengono a questa categoria le persone affette da ambliopia dovuta a strabismo non curato e a vizi refrattivi trascurati, come miopi o ipermetropi gravi non corretti, e la maggior parte dei portatori di retinopatia diabetica. In questi casi il campo visivo centrale è omogeneamente ridotto come sensibilità, ma non come ampiezza. Nella lettura i pazienti devono utilizzare, a causa della bassa acuità visiva, ausili ottici o altri ausili.
PERDITA DELLA VISIONE PERIFERICA
(visione periferica limitata, ma visione centrale presente). Appartengono a questo gruppo le persone che non riescono a usare la periferia della retina, ma hanno ancora una visione centrale residua. Si tratta di pazienti per lo più affetti da retinite pigmentosa o da glaucoma cronico; hanno gravi difficoltà di orientamento e, in caso di visus inferiore ai 2/10, di deambulazione senza l’aiuto del bastone bianco, del cane guida e di altri ausili per la mobilità.
Montando sui normali occhiali correttivi dei piccoli grand’angoli è possibile allargare il loro campo visivo del 30%; inoltre, ingrandimenti relativamente forti, forniti da vari tipi di ausili ottici per vicino, consentono al paziente di leggere la stampa normale. Nella lettura l’impedimento più grave è dato dal loro vedere soltanto poche lettere alla volta (talvolta anche solo una parte di let-tere) in ogni campo di fissazione, cosa che riduce notevolmente la velocità di lettura. Chi ha subito una perdita della visione periferica deve imparare a muovere gli occhi per brevi tratti alla volta, facendo pause frequenti per ogni riga di testo; in alternativa può tenere gli occhi fermi muovendo il testo entro la visione centrale residua.
NISTAGMO ANOMALO
(difficoltà di movimento degli occhi). In questo gruppo sono situati i pazienti che non sono in grado di controllare il movimento degli occhi. Tale difetto può essere congenito o trarre origine da una ridotta visione bilaterale nella prima infanzia; cataratta congenita o albinismo possono talvolta accompagnarsi al nistagmo anomalo.
Il paziente deve imparare a muovere la testa invece degli occhi, adottando quindi un diverso modo di lettura che permetta agli occhi di rimanere il più possibile stabili, in una posizione in cui il nistagmo sia di minore intensità. E’, inoltre, necessario evitare l’accomodazione e la convergenza che talvolta accentuano il nistagmo.
DEFICIT PARACENTRALI
(visione paracentrale ridotta, ma con persistenza di visione centrale e periferica). La maggior parte degli appar-tenenti a questa categoria è costituita da pazienti affetti da retinopatia diabe-tica con maculopatia edematosa.
L’edema, che si localizza intorno alla fovea, lascia una acuità visiva centrale appa-rentemente buona (2-4/10). Il campo visivo è caratterizzato da una sensibi-lità retinica quasi normale, circondata da una sensibilità maculare molto bas-sa. Le difficoltà insorgono nella lettura, poiché l’edema non consente la perce-zione di un numero sufficiente di lettere contigue.
La riabilitazione visiva fa parte della cura dei pazienti ipovedenti che devono imparare a fissare con una zona della retina fisiologicamente non idonea a tale scopo. Questo fa capire come il processo riabilitativo sia spesso lungo e difficile e richieda la collaborazione di diverse competenze (medico oculista, ortottista, riabilitatore, psicologo, ottico specializzato nella fornitura degli ausili) e implichi numerose sedute riabilitative presso strutture specializzate.
Eseguire costantemente gli esercizi di lettura non migliorerà l’acuità visiva del paziente ipovedente, ma gli consentirà di utilizzare al meglio la visione residua, di imparare a muovere gli occhi, la testa e il testo in modo corretto.
I muscoli degli occhi devono essere allenati: col movimento e la pratica l’ipovedente sarà in grado di ottenere una maggiore capacità di interpretare immagini ed espressioni.
Senza l’utilizzo di ausili ottici un ipovedente è impedito in molte attività, ma anche l’ausilio ottico presenta forti limitazioni. Nella scelta di quello più idoneo occorre pensare alle necessità specifiche di ciascun individuo, per poi discuterne con il tecnico e con l’oculista: prima devono essere risolti i problemi riguardanti la visione da vicino, mentre in seguito si potranno analizzare i problemi relativi alla visione da lontano. Ausili ottici per vicino.
L’ipovedente deve compensare il cattivo funzionamento della retina ingrandendo le immagini: a tale scopo esistono diversi tipi di sistemi ipercorrettivi che non consentono di ripristinare l’acuità visiva, bensì di migliorarla soprattutto nello svolgimento delle normali attività quotidiane. Il sistema più antico è la lente di ingrandimento, che però non consente forti aumenti delle dimensioni delle immagini senza provocare fastidiose distorsioni.
E’ possibile utilizzare speciali occhiali con lenti convergenti di potere elevato e breve distanza focale, o con combinazioni di lenti (telescopi), simili ai teleobiettivi. Esistono inoltre dispositivi elettronici televisivi (CCTV) che ingrandiscono la scrittura e software ingrandenti che consentono l’uso dei programmi informatici. Per l’ipovisione periferica alcuni sistemi ottici ampliano il campovisivo. Ausili ottici per lontano.
Un’acuità visiva inferiore ad 1/10 rende molto difficile la visione dei dettagli da lontano. L’ingrandimento tramite diversi sistemi (occhiali telescopici, telescopi monoculari a campo ristretto) rende l’immagine sulla retina più grande ed aumenta l’acuità visiva. Utilizzando sistemi ottici per lontano è importante poter raggiungere l’acutezza visiva di 5/10, necessaria per distinguere la maggior parte dei messaggi visivi; quando il visus raggiunto con sistemi telescopici per lontano è inferiore ai 5/10, gli svantaggi dovuti ai sistemi stessi sono maggiori rispetto ai vantaggi.